Ricetta Autentica Challah Integrale della Nonna: Tradizione Ebraica e Delizia Casalinga
Il cibo è molto più di semplice nutrimento; è un ponte tra il sacro e il quotidiano, un elemento centrale che unisce le persone attorno a valori condivisi. Per la tradizione ebraica, in particolare, la tavola diventa un santuario, un luogo dove la filosofia, l’etica, i rituali e i principi agricoli della fede prendono vita. È in questo spazio sacro che le nostre aspirazioni più elevate vengono messe alla prova, trasformandosi in pratiche concrete e significative.
La Rabbina Lizzi Heydemann, co-rabbina presso l’Aitz Hayim Center for Jewish Living a Chicago, incarna questa profonda connessione tra fede e vita quotidiana. Con una passione contagiosa per la musica, la preghiera vivace, conversazioni ebraiche stimolanti e un’etica progressista che abbraccia l’ambiente e la società, Lizzi ha fondato Mishkan, un “minyan” (gruppo di preghiera) a Chicago, proprio per rendere queste esperienze più accessibili a persone di ogni estrazione. Il suo impegno si estende alla direzione e all’insegnamento in vari programmi ebraici, dalla Brandeis Bardin Collegiate Institute alla Jewish Farm School. Amante dei mercati contadini, delle escursioni all’aria aperta, del pattinaggio, del canto e del cioccolato fondente all’arancia, Lizzi porta nella sua vita quotidiana la stessa integrità e gioia che propone attraverso la sua guida spirituale. La sua visione ci spinge a considerare il cibo non solo come un pasto, ma come un atto di consapevolezza e gratitudine, radicato profondamente nella tradizione.
Un aspetto fondamentale che rende più semplice vivere i nostri valori come ebrei è il ritorno alle antiche radici di un’alimentazione basata su cibi provenienti da una singola fonte non adulterata: un albero, la terra, una vite o un cereale, idealmente di cui si conosce la provenienza. Per ognuna di queste categorie, esistono benedizioni speciali e specifiche che, se pronunciate prima di mangiare, invitano chi le recita a considerare, riconoscere e onorare le fonti naturali del proprio cibo. Questo processo trasforma il semplice atto del mangiare in un’esperienza meditativa, un momento di connessione profonda con la creazione.
Tutte le nostre benedizioni iniziano con la formula “Barukh Ata Adonai Eloheinu Melekh ha’Olam“, che si traduce con “Benedetto Tu, Spirito Vivente, che hai creato e permea l’Universo…”. Questa introduzione universale è seguita dalla menzione specifica del tipo di cibo per il quale si sta ringraziando. Per esempio:
- “Boreh peri ha’etz” – “Creatore del frutto dell’albero”, recitata per una mela, una pesca o una mandorla. Questa benedizione ci invita a riflettere sulla maestosità degli alberi, capaci di produrre frutti deliziosi e nutrienti anno dopo anno, sostenuti solo dalla terra e dal sole.
- “Boreh peri ha’adamah” – “Creatore del frutto della terra”, pronunciata per una patata, una fragola, la lattuga o un’anguria. Qui, l’attenzione si sposta sulla generosità del suolo, che ci offre una varietà infinita di vegetali e ortaggi, ognuno con le sue proprietà e il suo sapore unico.
- “Borei minei mizonot” – “Creatore dei diversi tipi di cereali”, utilizzata per prodotti a base di cereali come crusca, muffin, pasta o riso. Questa benedizione riconosce l’importanza fondamentale dei cereali come base dell’alimentazione umana, evidenziando il processo di trasformazione del seme in un prodotto commestibile.
Considerando queste benedizioni specifiche, si capisce come il Giudaismo attribuisca un trattamento preferenziale ai cibi non trasformati – frutta, verdura, cereali di base: alimenti la cui origine è facilmente identificabile. Con le nostre benedizioni specifiche, li evidenziamo e li eleviamo al di sopra di altri tipi di alimenti, che rientrano nella categoria molto più generale di “She’ha’Kol” – “tutto”. Questa distinzione sottolinea l’apprezzamento per la purezza e l’integrità del creato divino, incoraggiando una dieta più vicina alla natura.
Questo approccio ha radici profonde. Nel Giardino dell’Eden, il primo uomo e la prima donna furono istruiti a nutrirsi di “ogni erba che produce seme… ogni albero che ha frutto che produce seme” (Genesi 1:29). L’ideale originale per l’umanità era, infatti, una dieta vegana. Solo dopo la cacciata dal Giardino dell’Eden – cioè, quando la Presenza Guida nell’universo si rende conto che gli esseri umani hanno una sorta di desiderio insaziabile per il proibito – ci viene concesso di mangiare cibi che non erano la Sua prima scelta per noi, ma che possiamo avere se consumati con moderazione e consapevolezza, come il pane, la carne e gli alimenti che richiedono agricoltura e produzione per essere creati. Questo non è un segno di debolezza, ma di compassione divina e di adattamento alla realtà umana, invitandoci comunque a praticare la gratitudine e la moderazione.
Ciò mi porta alle ultime tre benedizioni che non ho ancora menzionato. Tutte benedicono cibi trasformati: il pane, il vino e, letteralmente, ogni altra cosa (compreso tutto, dall’acqua al gelato). La benedizione che termina con “HaMotsie lehem min ha’Aretz” – “Che trae il pane dalla Terra”, è la più universalmente conosciuta tra queste, ed è quella su cui mi concentrerò qui. Essa benedice quello che è ora considerato il pilastro di ogni pasto ebraico: il pane.
Il pane è un alimento incredibile la cui benedizione ebraica riconosce che il processo attraverso il quale un agricoltore semina il grano nella terra, il mietitore lo taglia e lo essicca, il mulino lo macina in farina, il fornaio lo aggiunge ad acqua, lievito, uova, calore e tempo, è un’attività che si equipara all’azione di Dio sulla Terra. Letteralmente, tutto ciò equivale a Dio che trae il pane dalla Terra. Questo ci invita a vedere il divino non solo nella natura incontaminata, ma anche nel lavoro umano e nella catena di produzione alimentare, riconoscendo la mano divina che guida ogni passaggio.
Potreste chiedere: “Aspettate, a differenza del ciclo naturale degli alberi e delle piante che crescono e disperdono i loro semi, creando frutta, verdura e noci pronte da mangiare senza molta interazione umana, gli esseri umani fanno tutto il lavoro pesante nella produzione del pane. Perché benedire Dio per averlo tratto dalla terra?” La risposta risiede nella profonda comprensione ebraica della partnership divina. Il Giudaismo riconosce la presenza di Dio nell’attività agricola e culinaria umana. Dio è nel seme che si disperde, nel vento che soffia, nell’acqua che nutre la terra, nelle mani dell’agricoltore, nel processo di mangiare e digerire il cibo. Dio – la forza vitale dell’universo – si manifesta tanto nella produzione del pane quanto in una pesca fresca, anche se per il primo è necessaria un po’ più di immaginazione per riconoscerla.
La nostra tradizione valorizza e incoraggia il consumo di alimenti provenienti da fonti naturali, non trasformati e non adulterati. Ma la nostra tradizione non è fatta di bianco e nero; è ricca di sfumature. Benediciamo anche il pane e il vino. Benediciamo anche i dolciumi. Benediciamo qualsiasi cosa mettiamo in bocca perché ne deriviamo piacere, anche se non è necessariamente la cosa più salutare. C’è un ideale divino, ma c’è anche il mondo reale in cui viviamo, con tutte le sue delizie e tentazioni. Non viviamo più nell’Eden. Siamo quindi invitati a scegliere cibi che nutrano il nostro corpo, coltivati in modi che supportino il pianeta, e a onorare anche le molte mani coinvolte nella produzione alimentare. Possiamo farlo con i nostri soldi, sostenendo pratiche etiche e sostenibili, e possiamo farlo anche con le nostre benedizioni, riconoscendo la sacralità in ogni boccone.
Provateci qualche volta. Prima di affrontare il vostro prossimo pasto, osservate le sue componenti: i broccoli al sesamo, la quinoa, il tofu o il pollo teriyaki, il “peach cobbler” con avena. Considerate da dove proviene ogni parte, tenetene un boccone sulla forchetta o tra le dita, e immaginate dove è cresciuto (su un albero, nella terra, in un vigneto, in una fattoria, in un pollaio…). Pensate a tutto ciò che è stato necessario per il suo arrivo qui, sul vostro piatto. Benedite la Fonte di questo incredibile processo, di questo nutrimento. La vostra vita, e certamente la vostra esperienza del mangiare e del Giudaismo, potrebbero non essere più le stesse.

Challah Integrale della Nonna Wilder
Prepara una pagnotta da circa 700 grammi.
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Ingredienti
- 1 confezione (2 1/4 cucchiaino) di Lievito secco attivo
- 1 tazza d’Acqua tiepida (circa 40-45°C)
- 3 cucchiaini di Zucchero semolato
- 1 cucchiaino di Sale marino fino
- 2 uova grandi
- 2 cucchiaini di Olio vegetale (come olio di canola o di girasole)
- 1 1/2 tazza di Farina integrale di grano tenero bianco*
- 1 1/2 tazza di Farina non sbiancata (tipo 00 o per pane)*
- 1 Tuorlo d’uovo
- Semi di papavero o di sesamo, opzionale, per guarnire
Istruzioni
- Mescolate il lievito e l’acqua tiepida in una ciotola capiente. Assicuratevi che l’acqua non sia troppo calda per non uccidere il lievito. Aggiungete lo zucchero e il sale e mescolate bene fino a quando non si saranno completamente sciolti. Lasciate riposare per circa 5-10 minuti, o finché non vedrete formarsi una leggera schiuma in superficie, segno che il lievito è attivo e pronto.
- Aggiungete le due uova intere alla miscela di lievito e sbattete con una frusta o un frullino elettrico. Integrate l’olio e sbattete leggermente ancora per incorporarlo bene. Questo passo assicura che gli ingredienti liquidi siano ben combinati prima di aggiungere la farina.
- Unite le due farine in una ciotola separata. Iniziate a incorporare gradualmente 3 tazze della farina combinata nella miscela liquida, mescolando bene con un cucchiaio di legno o con le mani. L’impasto dovrebbe iniziare a formarsi, ma potrebbe essere ancora un po’ appiccicoso. Se l’impasto è troppo umido, aggiungete un po’ più di farina, fino a un massimo di 1/2 tazza, poco alla volta, fino a ottenere una consistenza che si possa lavorare.
- Trasferite l’impasto su una superficie infarinata. Impastate energicamente per 3-4 minuti. L’obiettivo è sviluppare il glutine, rendendo l’impasto elastico e liscio. L’impasto dovrebbe essere morbido ma non appiccicoso al tatto.
- Mettete l’impasto in una ciotola leggermente unta con olio (per evitare che si attacchi) e coprite con un panno umido o pellicola trasparente.
- Lasciate lievitare in un luogo caldo e privo di correnti d’aria fino a quando non sarà triplicato di volume. Questo processo può richiedere dalle 2 alle 3 ore, a seconda della temperatura ambiente e dell’attività del lievito. La pazienza è fondamentale in questa fase per ottenere una Challah soffice e ariosa.
- Quando l’impasto avrà raggiunto il volume desiderato, sgonfiatelo delicatamente con un pugno per rilasciare l’aria. Dividete l’impasto in 4 parti uguali.
- Arrotolate ogni parte in cordoni lunghi e uniformi. Lasciate riposare i cordoni per qualche minuto; questo li renderà più facili da intrecciare, poiché il glutine si rilasserà leggermente.
- Per l’intreccio a 4 capi (il metodo preferito della nonna): iniziate dal centro e intrecciate “sotto 2 e sopra 1” con le ciocche esterne alternando, fino alla fine. Poi, nascondete le estremità sotto la pagnotta.** Questo metodo crea una pagnotta dall’aspetto meravigliosamente simmetrico e pieno.
- Girate la pagnotta e intrecciate dalle ciocche centrali “sotto 1 e sopra 2”, alternando i lati, per completare l’intreccio sull’altra metà della pagnotta.
- Sbattete il tuorlo d’uovo in una piccola ciotola. Spennellate delicatamente la parte superiore della Challah intrecciata con il tuorlo d’uovo battuto. Questo conferirà alla Challah una bella lucentezza dorata durante la cottura. Se desiderato, cospargete con semi di papavero o di sesamo per un tocco extra di sapore e texture.
- Lasciate lievitare la Challah intrecciata per altri 10-15 minuti. Questo è un “riposo” finale che permette alla Challah di gonfiarsi leggermente prima della cottura, contribuendo alla sua leggerezza.
- Preriscaldate il forno a 175 gradi Celsius (350 gradi Fahrenheit). Cuocete la Challah per circa 30 minuti, o finché non sarà dorata e, picchiettando sul fondo, suoni cava. Lasciate raffreddare su una griglia prima di affettare e servire. Il profumo delizioso riempirà la vostra casa!
Note
** Se avete bisogno di un piccolo aiuto per l’intreccio, date un’occhiata a questo video (inserisci link video se disponibile), che penso sia la stessa tecnica usata dalla mamma. Oppure, ecco un’altra buona tecnica (inserisci link video se disponibile) che inizia da un’estremità invece che dal centro. L’intreccio è un’arte, ma con un po’ di pratica, diventerà un processo gratificante e quasi meditativo. Non preoccupatevi se le prime volte non sarà perfetto; il sapore sarà comunque divino!
Valori Nutrizionali (per porzione)
Carboidrati: 49g,
Proteine: 10g,
Grassi: 8g,
Grassi Saturi: 1g,
Colesterolo: 94mg,
Sodio: 346mg,
Potassio: 87mg,
Fibre: 3g,
Zuccheri: 6g,
Vitamina A: 135IU,
Calcio: 38mg,
Ferro: 1.4mg
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